Web Services and Italianity

[warning: may contain generalizations and/or traces of careless simplifications. Read cum grano salis]

This evening (that’s to say about 1 hour ago: GMT+1) I was dining with a colleague consultant, and we were reasoning about how us Italian tend to cope better with bureocracy trickeries, or in general with processes that don’t follow the original plan or goes wrong.
Years ago I was attending a soft skill class with people from across all Europe, and we had an exercise in which various teams had to achieve a goal despite of the intricacies of bureocrats that were specifically instructed to slow us down. Well, the teams with Italian members scored very well (and mine may have actually have been the winner, but there was a bit of debate on it as well ;-)). This is pretty much an acquired trait, we are simply used from our very infancy to the fact that a plan never survive intact its implementation in practicly every concievable field: university, projects, buying goods, travelling… But that doesn’t (usually) stop us: it’s a matter of always assigning a risk factor and being willing to pour resources on the solution of problems you don’t yet know about, but that you assume will materialize nevertheless.
Getting finally to the point: fhis may explain the receptivity with which Italian customers are adopting Web Services: because they realize that its a system where not only you can soundly make the assumption that things will go wrong, but there is enough expressive power to take it into account in the design phase and address the various concerns at that time. The frictionless world of traditional tightly coupled RPC calls gets dirtier and dirtier as you enlarge the ecosystem you want to colonize, and it’s there that our “adaptivity” kicks in 😉

        Stasera ero a cena con un collega consulente, e stavamo notando come noi italiani tendiamo a destreggiarci meglio degli altri nella buracrazia, o comunque a gestire gli imprevisti e le cose che non vanno come porgrammato.
Anni fa stavo seguendo un corso insieme a persone da tutta Europa, durante il quale ci siamo sottoposti ad un esercizio in cui dovevamo ottenere delle cose in barba a legioni di burocrati il cui scopo dichiarato era quello di rallentarci. Bene, le squadre con membri italiani se la sono cavata benone (la mia squadra potrebbe anche essere stata la venditrice, ma anche su quello c’è stato da negoziare :-)). E’ una abilità acquisita, semplicemente siamo abituati dalla più tenera età all’idea che le cose raramente vanno come dovrebbero, in qualsiasi ambito: università, progetti, comprare roba, viaggiare… ma la cosa non ci ferma (di norma): è semplicemente una questione di essere disponibili a investire risorse nel risolvere problemi che ancora non vedi, ma che di sicuro salteranno fuori.
Venendo al punto, questo potrebbe spiegare la ricettività con cui i clienti italiani stiano metabolizzando i web services: capiscono che si tratta di un sistema in cui non solo puoi assumere che le cose andranno male, ma che è sufficientemente espressivo da consentire di indirizzare tali problemi già nelle fasi di design. Il mondo ideale del tradizionale RPC tightly coupled diventa sempre meno pulito al crescere dell’ecosistema che si vuole costituire, ed è qui che la nostra versatilità entra in gioco 😉

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